Mia nonna era tutta particolare, mica mi raccontava le favole… Quando ero piccola, andavamo sempre a Roma, per Pasqua, perché zio Giorgio e zio Paolo facevano a gara per chi faceva l’abbacchio più buono. Noi venivamo da Milano, quindi a Roma eravamo ospiti da mia nonna. Lei era molto religiosa e la sera, invece delle favole, mi raccontava le storie dei santi. Ero affascinata da questi personaggi perché avevano rivoluzionato la loro vita facendo scelte coraggiose: avevano compiuto qualcosa di speciale, che ha cambiato il mondo. E sono cresciuta con il desiderio di fare anch’io qualcosa di speciale, anche io volevo cambiare il mondo. Anche se non volevo diventare santa…
Quando ne parlavo con l’irruenza di un’adolescente venivo etichettata come idealista, e per lungo tempo ho pensato che fosse sbagliato avere un’aspirazione così alta. Così l’ho tenuta in sordina … finché, un giorno è riemersa forte e chiara: come coach, avrei, nel mio piccolo, potuto aiutare tante persone a fare qualcosa di speciale nel loro piccolo, e insieme avremmo potuto cambiare il mondo.
Oggi sento che il mondo è un po’ cambiato rispetto a ieri.
L’esperienza come speaker al TEDx di Spoleto mi ha dimostrato che non sono così idealista. O comunque non sono l’unica, perché se da un lato il mio non è certo un pensiero originale, dall’altro… meno male!!! È bellissimo vedere che siamo in tanti a voler costruire un futuro più felice per il nostro Pianeta: 14 speaker sul palco, ma anche centinaia di spettatori, che seguivano direttamente in teatro o in streaming. E se aggiungiamo gli speaker di tutti i TED sparsi per il mondo, e ancora tutte le persone che magari non sono speaker ma fanno la differenza nel loro piccolo o grande spicchietto di mondo, siamo una moltitudine!
In queste ultime settimane, gli organizzatori e i coach del TEDx ci hanno guidato in un bellissimo percorso: ci hanno prima allineato sui tecnicismi, poi ci hanno ascoltato, ci hanno incoraggiato a darci feedback, per poi ascoltarci di nuovo e affinare gli ultimi dettagli. È stato un fantastico lavoro di squadra, che ci ha stimolato e ci ha permesso di conoscerci più rapidamente e più in profondità di quanto avremmo fatto altrimenti. Quando ci si espone, quando si mostra la propria vulnerabilità, è sempre un rischio. Noi ce lo siamo preso, il rischio, ci siamo fidati convinti che i feedback ci avrebbero aiutato a crescere. È stato costruttivo perché non era una competizione, stavamo costruendo un’alleanza. Nessuno aveva l’intenzione di correggere nessuno, eravamo in ascolto, connessi. Grazie di cuore, cari compagni in questo viaggio!
Fermamente convinti che non possiamo continuare a vivere così, che il modello attuale non è più sostenibile, ognuno di noi ha offerto il suo spunto per cambiare il mondo dal suo osservatorio specifico. Così, si è parlato di come incontrare Leonardo, di vocazione e vision, di energia elettrica nei paesi svantaggiati, di co-housing, di alfabetizzazione digitale, di come insegnare la cultura imprenditoriale ai giovani, di un calcestruzzo antisismico, di come stampare un “tortellinox”… e di come nutrire le nostre relazioni, che sono la nostra ricchezza più grande. Prospettive differenti che confluivano per portare un unico messaggio, forte e chiaro: siamo pronti per una rinascita!
Ho avuto modo di sperimentare le sfumature di cui ho poi parlato nel mio speech, “50 sfumature di ascolto”. Le sfumature sono quelle piccole decisioni nella vita di tutti i giorni che fanno la differenza. E come nel golf uno scostamento impercettibile nell’inclinazione del bastone durante lo swing può deviare la traiettoria della pallina e farla atterrare anche decine di metri più in qua o più in là, uno scostamento minimo nella nostra percezione ci apre scenari differenti e ci porterà a risultati diversi nel lungo periodo.
Io non so fare miracoli, ma so vedere e coltivare le sfumature. Sarà un piacere raccontartele nei prossimi post, approfondendole una dopo l’altra… a presto!