Ogni giorno abbiamo a che fare con le persone. Con alcune abbiamo un rapporto più stretto, con altre meno, ma le nostre parole hanno un impatto su tutti – dal partner ai familiari, ai colleghi, agli amici – anche su persone che fino a un attimo prima non conoscevamo. La domanda è: le nostre parole ottengono sempre l’effetto che desideriamo?
Sappiamo bene che il tono di voce e il linguaggio del corpo sono fondamentali per aiutarci a recepire i messaggi che riceviamo, ma quello che diciamo è altrettanto importante. Allora, scegliamo bene le nostre parole!
Recentemente, ho tenuto un corso in azienda sul tema della comunicazione scritta. E durante un’esercitazione, in cui i partecipanti dovevano scrivere una email seguendo alcuni criteri, è emersa un’emozione largamente condivisa: la paura di sbagliare. Ossia, la paura di scrivere qualcosa che potesse essere interpretato in modo sbagliato, scatenare una serie di domande o obiezioni, addirittura innescare discussioni. Un manager mi ha detto: “Tu non hai idea, dall’altra parte c’è un branco di lupi!”
Un’immagine decisamente nitida e forte, e anche se personalmente i lupi mi sono molto simpatici, mi ha colpito per l’atmosfera di ansia che riesce a evocare. Anche a te fa questo effetto?
Onestamente non mi aspettavo tanta ansia, e mi sono impegnata al massimo per aiutarli a sentirsi sereni quando devono scrivere certe comunicazioni. A fine corso il risultato è stato raggiunto, e due aspetti si sono rivelati determinanti: l’attenzione al destinatario e la cura del linguaggio.
Partiamo con una riflessione sul destinatario. Secondo Jay Sidhu, CEO di una banca d’affari statunitense, “la comunicazione è nella mente del destinatario: se non ti ascolta, stai solo facendo rumore”. Entrando nel merito, Sidhu spiega che non esiste comunicazione tra un “io” e un “tu”, solo tra “uno di noi” e “un altro di noi”. Non è semplice pensare in termini di “noi”, soprattutto in ambienti molto competitivi, eppure da questa prospettiva il destinatario della comunicazione non è più un antagonista, ma uno del nostro gruppo, una persona con cui condividiamo uno scopo comune. E l’email diventa strumento per costruire insieme.
L’altra riflessione riguarda il linguaggio, più precisamente la scelta di evitare le cosiddette parole “killer” e preferire una modalità di espressione chiara, semplice e positiva. Le parole killer infatti negano i valori e le convinzioni dell’interlocutore, lo svalutano ed evocano sensazioni negative, e sta a noi scegliere parole più “nutrienti”, in grado di trasmettere comprensione e riconoscimento, e contribuire a instaurare una sintonia costruttiva con il lettore. Vediamone alcune:
- “no, niente…” → Quante volte sentiamo persone che iniziano un discorso così? È un intercalare diffuso, ma non serve a nulla, quindi eliminiamolo! Certamente non è così che si crea una buona impressione…
Un esempio:
“Che ne pensi, Giovanni?” “No, niente, penso che…” - “sì, ma…” → Il “ma” è una congiunzione avversativa, che lega due pensieri negando il primo e affermando il secondo. Spesso quello che dice l’interlocutore viene prima del ma e il nostro pensiero segue, ma se facciamo attenzione a come la usiamo, questa parolina può tornarci utile…
Un esempio negativo:
“Sì, va bene, è interessante, ma io penso che…”
Un esempio positivo:
“Sì, è costoso, ma otterrai…” - “le posso rubare 2 minuti?” “scusi se la disturbo…” → Rubare tempo all’interlocutore o presupporre di disturbarlo non valorizza certamente il nostro atteggiamento, né quello che abbiamo da offrire! Sono modi di dire consueti, in realtà intendiamo “Ha tempo?” “Mi piacerebbe il tuo parere su questa faccenda, è un buon momento?”
Pronto a divertirti? Nota l’utilizzo di queste espressioni nel linguaggio quotidiano tuo e delle persone con cui hai a che fare. Scommetto che troverai altre parole o espressioni killer per allungare questo elenco, e mi incuriosisce sapere che effetto avrà questa nuova consapevolezza sul tuo modo di comunicare…
Scrivimi!