Sul piano fisiologico cresciamo costantemente, il nostro corpo continua a modificarsi per tutta la vita, dal primo all’ultimo respiro. È un processo indipendente dalla nostra volontà: certo, possiamo contribuire con uno stile di vita corretto, ma non possiamo controllare se e come le nostre cellule si rigenerano. È un miracolo della Natura.
Su altri piani, la crescita dipende invece da noi.
Nel momento in cui veniamo al mondo inizia la nostra avventura come esploratori. Il neonato piange e chiede che la mamma risponda dandogli il suo amore, nutrendolo o accudendolo in altre forme. Poi, mentre cresce, gattonando inizia a esplorare uno spazio più ampio, che si estende man mano sempre più. Il bambino apprende tramite l’esperienza, guidato da due principi fondamentali: ciò che funziona e ciò che fa stare bene. E fa tesoro dell’esperienza, si adatta e modifica l’esplorazione, determinando così le modalità con cui continua l’apprendimento.
Mi piace molto la metafora di Ken Robinson, ve la propongo. Noi nasciamo tutti diamanti. E, come i diamanti, siamo unici, risplendiamo magnificamente e tutti ammirano la nostra bellezza. Poi, piano piano, il diamante si sporca, si copre di polvere, e nel tempo la polvere si incrosta. Progressivamente, la crosta diventa sempre più coprente e più dura, a volte prende anche un cattivo odore… E siccome questo non ci piace, iniziamo a coprire la crosta con smalto e perline, in modo da rendere il diamante più bello, nella speranza di farlo nuovamente splendere. In realtà, basterebbe prendere un piccone e spaccarla con un colpo netto, la crosta, in modo che riveli di nuovo il nostro diamante in tutto il suo scintillante splendore.
E torniamo a noi. Fuori dalla metafora, quando siamo piccoli, fino ai 2 anni di età, tutto quello che facciamo suscita sorriso, lode, amore. Chi è che non si scioglie quando vede un bimbo piccolo sorridere o dormire? Chi è che non ride quando osserva un bambino piccolo sputacchiare o buttare giochi in giro, pensando che sta imparando a conoscere lo spazio e i rumori? Chi è che non loda un bimbo piccolo che dice per la prima volta “mamma”? Poi, a un tratto, verso i 3-5 anni le cose cambiano. I bravi bambini salutano. I bravi bambini mangiano tutto quello che hanno nel piatto. I bravi bambini ubbidiscono. Con l’“ingresso in società” subentra il giudizio, e in noi sembrano esserci cose che vanno bene e cose che non vanno bene. Così ci prodighiamo per fare le cose che ci fanno essere bravi, pur di sentircelo dire, invece che fare le cose che ci piacciono, invece di coltivare i nostri talenti. Pare che dai 6 ai 18 anni un bambino, poi un ragazzo, si senta giudicato negativamente in media 18.000 volte… come fa ad avere stima di sé? Avete mai visto un bambino di 2-3 anni con problemi di autostima? Siccome quando veniamo giudicati negativamente non ci sentiamo bene, piano piano ci creiamo meccanismi di difesa e filtri con cui percepire il mondo, curiamo la nostra apparenza, affiniamo i nostri comportamenti, ci sforziamo di compiacere gli altri, nella migliore delle ipotesi in età un po’ più adulta ci rivolgiamo a professionisti per corsi di crescita personale o per affrontare quella sensazione di disagio che ci impedisce di esprimere la nostra vera natura.
Da mamma adottiva, quando ho letto The Element, di Ken Robinson, mi si è aperto un mondo… di domande. I miei figli non sono nati nell’amore. Non sono cresciuti nell’amore, nell’accudimento, con sorrisi accoglienti, ma prima nella violenza e poi sballottati da una relazione significativa all’altra… quanta crosta c’è a coprire il loro diamante? Come faccio io, da mamma, ad aiutarli a spaccare quella crosta e a tirar fuori lo splendore che c’è in loro? Io lo vedo brillare, colgo attimi fuggenti di sicurezza o sorrisi naturali che vengono dall’anima quando meno se lo aspettano, ma poi tutto si nasconde di nuovo dietro al filtro più potente: giusto/sbagliato. E mi sembra che percepiscano il mondo come se esistesse una parte giusta e una parte sbagliata; in particolare, sembra che loro si collochino nella parte sbagliata, quella “sfigata”, dove c’è sempre qualcuno che ti vuole fregare, mentre noi saremmo nati nella parte privilegiata, quella che sa far bene e ha ragione. Come tante altre mamme, ho fatto tutto quello che ero in grado di fare per coltivare i loro talenti, evitare di riversare su di loro le aspettative e aspirazioni tipiche di un genitore e seguire invece la loro direzione. Oggi che sono adolescenti, quando parliamo si rendono conto che il bene e il male esiste in ogni essere umano, che tutti possono sbagliare, imparare e far bene, che nessuno è sbagliato di suo come persona … lo capiscono a un livello logico e cognitivo, ma non lo sentono, e non riesco a convincerli fino in fondo. È frustrante sentire la loro disillusione, difficile accoglierla.
Col tempo, grazie al mio lavoro di coach e all’attenzione che dedico alla crescita personale, ho imparato a far pace con la mia frustrazione e la loro convinzione. Nei 12 anni di cammino insieme, segnati da momenti felici ma anche da crisi molto turbolente, mi sono spesso chiesta: quale esempio voglio essere per i miei figli? Questa è la mia bussola. Ho lavorato per identificare in modo chiaro e forte i valori fondamentali e la direzione che voglio seguire nella mia vita. E mi sono spesso ricordata che, come dice Bruno Bettelheim in Il genitore perfetto, l’esempio è silenzioso ma lascia il segno profondo. Non posso sempre impedire che cadano, ma posso esserci e tendere loro la mano per aiutarli a rialzarsi, tutte le volte che serve.
Il mio cammino di mamma adottiva è iniziato con una poesia di Khalil Gibran. Oggi che i miei figli non sono ancora adulti, oggi che li vedo affrontare il mondo con fragilità e risorse ancora da nutrire, la sento più preziosa che mai.
I vostri figli
I vostri figli non sono figli vostri…
sono i figli e le figlie della forza stessa della Vita.
Nascono per mezzo di voi, ma non da voi.
Dimorano con voi, tuttavia non vi appartengono.
Potete dar loro il vostro amore, ma non le vostre idee.
Potete dare una casa al loro corpo, ma non alla loro anima, perché la loro anima abita la casa dell’avvenire che voi non potete visitare nemmeno nei vostri sogni.
Potete sforzarvi di tenere il loro passo, ma non pretendere di renderli simili a voi, perché la vita non torna indietro, né può fermarsi a ieri.
Voi siete l’arco dal quale, come frecce vive, i vostri figli sono lanciati in avanti.
L’Arciere mira al bersaglio sul sentiero dell’infinito e vi tiene tesi con tutto il suo vigore affinché le sue frecce possano andare veloci e lontane.
Lasciatevi tendere con gioia nelle mani dell’Arciere, poiché egli ama in egual misura e le frecce che volano e l’arco che rimane saldo.
(Kahlil Gibran)