Quante volte mi è capitato di fare i complimenti a un’amica per com’era bella con quel certo vestito… e la risposta? Molto spesso, un commento sul negozio e sul prezzo. Rimango un po’ perplessa, perché per me dire a una persona che è bella è un apprezzamento, un dono, e la risposta potrebbe essere semplicemente un grazie, incorniciato in un bel sorriso.
Siccome sono un’esploratrice mattacchiona, ho cominciato a far caso a come le persone ricevono i complimenti, o il feedback, come si chiama in ambito lavorativo. Una piccola ricerca, senza alcuna pretesa di rappresentatività o scientificità. E ho scoperto una cosa interessante. Più il feedback è pratico e specifico, ossia relativo a un oggetto o un comportamento in una certa situazione, più è facile riceverlo e rispondere “Grazie!”. Più il feedback si avvicina al modo di essere della persona, cioè alla sua sfera più intima, e più viene accolto con dubbio, come se potesse non essere vero …
Perché ricevere ci fa paura?
Tornando alla domanda, ne ho identificate tante, di risposte, ma una più profonda delle altre. Da mamma adottiva, ho visto spesso quello sguardo dubbioso negli occhi dei miei figli, quando dicevo loro quanto li amo. Come per dire: “e se io ci credo e mi lascio andare, e poi ti perdo?” Come per intendere: “meglio che non mi lasci andare, sennò poi rischio di star male di nuovo…”
In questo mondo che gira ad alta velocità, rischiamo di perdere di vista l’intensità. Con tutti gli stimoli che riceviamo, saltiamo da un social all’altro, da un compito all’altro, da un lavoro all’altro, da una relazione all’altra. Siamo disabituati al bene che può fare una relazione quando scendiamo in profondità, e tralasciamo di coltivarla. In effetti, l’intelligenza relazionale non si insegna a scuola, si impara vivendo. E l’ingrediente principale l’ho identificato nell’amore, in senso ampio: aiuta le persone a incontrarsi, a conoscersi, a coltivare una relazione, che sia di lavoro, di amicizia o sentimentale, e soprattutto a portare quelle relazioni a un livello superiore.
Oggi ne ho avuto un ennesimo esempio. In Tailandia, vuoi non farti fare un massaggio? E visto che oggi è nuvoloso e la giornata è dedicata al relax, ecco fatto, ho chiesto un massaggio “deep”, perché a me piace intenso. Nim, la mia massaggiatrice, inizia con un tocco delicatissimo, che mi esplora, sente dove il mio corpo ha bisogno di essere sciolto e dove ha voglia di coccole. Poi dosa la pressione e le sue mani scivolano come un’onda, alternando la soddisfazione del bisogno a quella delle coccole. Il mio corpo si lascia andare e io mi abbandono, perdendo la cognizione del tempo, sentendo la danza delle sue mani e dei suoi piedi su di me. Non mi stupisce minimamente che i massaggi tailandesi siano così famosi nel mondo.
E viene facile il parallelo con le relazioni in generale… in tutte le relazioni, sentire è la parola magica, perché permette di sintonizzarsi e crescere insieme. Non necessariamente alla stessa velocità, ma con ascolto e rispetto reciproco. Ma fin qui, niente di nuovo, direi, lo sapevamo già. La riflessione che voglio condividere riguarda le difficoltà che colgo nel coltivare le relazioni al giorno d’oggi, e mi chiedo quali siano gli ostacoli: la tecnologia alienante, il ritmo a cui viviamo, i limiti che sentiamo… quali sono i tuoi “preferiti”? Hai letto bene. Ognuno sceglie, consapevolmente o inconsapevolmente, il tipo di limite dal quale preferisce lasciarsi condizionare, in base al beneficio secondario. Per esempio:
- Se sei sempre impegnata e vivi “nel frullatore”, come vivi le relazioni anche quando vedi gli amici? Come una valvola di sfogo o come un nutrimento importante?
- Se passi il tuo tempo a chattare sul telefonino, anche quando sei al ristorante con il tuo partner, come vivi le tue relazioni? Quanto hai bisogno di sentirti circondato da “amici” e quanto sei disposto a scendere in profondità e dedicarti a chi hai di fronte nel mondo reale?
- Se senti di dover lavorare a tutto spiano perché a fine mese ci sono le bollette da pagare, come vivi la tua relazione con il lavoro e i colleghi? Quanto si restringe il tuo campo percettivo e di conseguenza anche il ventaglio delle possibilità?
- Se poi ti senti in colpa perché lavori tanto e quindi dedichi tutto il tempo libero ai familiari, come vivi le tue relazioni in famiglia, magari con le cerchie più strette? Riesci a dedicarti con il cuore libero o metti in atto una serie di strategie perché hai bisogno di sentirti un buon genitore, o un buon compagno di vita, o altro?
Intendiamoci, non c’è nulla di giusto o sbagliato. Mi rendo conto che ho buttato lì domande pesanti, potrebbero sembrare giudizi ma vogliono essere semplicemente uno spunto per riflettere su un concetto per me fondamentale: quando sai chi sei, cosa è importante per te, come funzioni e come non funzioni, puoi scegliere con quale atteggiamento affrontare le realtà che vivi, nei vari ambiti della tua vita. Da quel punto in poi, saremo perfetti? No, certo che no. Nella vita non è importante essere perfetti, è importante essere veri. Qualche guru della crescita personale direbbe che è importante essere se stessi. Il mio valore guida, che mi ha portato lontano nella mia vita professionale e privata, è ben riassunto nel motto di Ivan Misner, fondatore di BNI e Asentiv: Givers Gain. Chi dà, riceve.
Io voglio vivere ad alta intensità, godermi ogni momento della vita, e ho imparato che quando dai non sbagli mai. Prendi musate, ma non sbagli mai. Quando scegli le persone di cui ti vuoi circondare e le tue relazioni professionali e personali sono allineate su questo valore, ricevere diventa più facile, e man mano sempre più naturale e nutriente. L’amore si tramuta in entusiasmo, dedizione, creatività, attenzione, ascolto. Goccia dopo goccia, l’IO diventa TU. E la sensibilità è la risorsa che ti permetterà di fare la differenza: si affina sempre più man mano che accumuli esperienze, che siano di sofferenza, di speranza o di gioia, e ti porterà a incontrare le anime giuste con cui condividere un pezzo del cammin… di nostra vita.