Networking è la nuova parola d’ordine, oggi più che mai.
E le opportunità di networking sono ovunque: più o meno strutturate, più casual o più eleganti, a pranzo o a cena, addirittura anche il mattino presto a colazione!
Cosa significa networking, esattamente? Lo considero un cocktail sofisticato di metodo e arte, e come per tutti i cocktail, la passione è il più importante degli ingredienti. Nell’intento di offrire qualche spunto di riflessione, ti invito a seguirmi con l’immaginazione.
Scenario 1: vado a un aperitivo il giovedì sera, dopo il lavoro, con un’amica o un collega. Voglio rilassarmi, scelgo qualcosa da bere e da mangiare, e chiacchieriamo. Ci raccontiamo un po’ come va il lavoro e a seconda della confidenza parliamo anche del privato, magari programmiamo anche qualcosa da fare insieme. A fine serata, ci salutiamo con una sensazione di benessere, promettendoci di rivederci presto.
In una prospettiva antropologica, siamo animali sociali e cerchiamo i nostri simili perché ci piace stare insieme e fare attività piacevoli, è naturale e utile per la sopravvivenza della specie. In particolare, nel nostro cervello si attiva il circuito dopaminergico della gratificazione e si crea un ricordo emotivo positivo dell’evento che ha generato la sensazione di benessere. L’esperienza emotiva di un evento chiama in causa più specificamente l’emisfero destro, e più è piacevole, maggiore è la possibilità che venga memorizzata e maggiore è il desiderio di ripeterla. Per questo, quando riceviamo un invito a un aperitivo ci viene subito voglia di attivarci, e anche se il nostro calendario è fitto, guarda caso troviamo lo spazio… ma poi, quando rientriamo a casa, la sensazione di benessere generatasi grazie all’emisfero destro si esaurisce, e andare oltre richiede un’attivazione legata alle caratteristiche dell’emisfero sinistro, soprattutto il pensiero strategico, la proattività e la pianificazione.
Scenario 2: appartengo a un network strutturato come BNI, che propone un processo per costruire relazioni proficue secondo il principio Givers Gain. Vado a un evento, questa volta investo tempo e denaro per trovare relazioni utili, che generino referenze. Arrivo, mi guardo intorno, prendo qualcosa da bere o da mangiare e inizio a osservare le interazioni tra le persone. Chiacchiero con un bel po’ di persone, scambio biglietti da visita. A fine serata, faccio un bilancio: qual è il valore che ne ho tratto? Vaglio i bigliettini da visita e decido di tenere quelli che potrebbero essermi utili. Se sono metodica li tengo insieme con un elastichino e ci scrivo anche un post-it con nome e data dell’evento. E poi? Qui casca l’asino: riprendo la mia routine quotidiana, la mia mente si riempie di mille altre cose, ogni tanto mi viene in mente che devo fare il follow-up, dovrei farmi vivo con tizio o caio, in fondo potrebbero nascere sinergie… ma procrastino e continuo con quello che stavo facendo. Dopo un po’ di giorni, mi rendo conto che a questo punto è tardi per il follow-up, se mi facessi viva sarebbe ridicolo, il contatto ormai si è raffreddato.
Le statistiche dimostrano che molto spesso le cose vanno proprio così, è un rischio da prendere sul serio, visto l’impegno profuso. Perché succede così? Perché spesso si va agli eventi di networking per vendere. Beh, sì, ovvio, è per questo che si fanno, gli eventi di networking, no? No. Nel marketing referenziale chiudi una vendita solo quando qualcuno ti conosce e si fida di te. E come fa a conoscerti se quando vi incontrate gli fai un pippone su quello che fai, su quanto è figo il tuo prodotto o servizio, sul perché dovrebbe scegliere te eccetera eccetera? In fondo, le tue sono solo parole! E se l’altro, mentre parli tu ti lancia segnali di consenso annuendo e inserendo interiezioni di attenzione, ma tra sé e sé pensasse “quand’è che la smette di parlare, così parlo finalmente io e gli racconto della mia attività?”. Mi sorge una domanda: se agli aperitivi o agli eventi tutti vanno per vendere, chi è che compra?
Scenario 3: con Asentiv ho approfondito le dinamiche del marketing relazionale con un lavoro specifico sulla mia motivazione intrinseca, so dove voglio andare nella vita, quale impronta voglio lasciare nel mio pezzetto di mondo e per farlo coltivo relazioni con le persone che sento allineate con me. Vado a un evento, questa volta investo tempo e denaro per coltivare relazioni significative. Attraggo persone che entrano in risonanza con me e trascorro il tempo a esplorare, con curiosità, le mille sfaccettature dell’altro, nella sfera professionale e in quella privata. Cos’è che lo appassiona? Cos’è che gli piace fare, nel tempo libero? Qual è il suo piatto, il suo colore, il suo libro o film preferito? Dove trae ispirazione? Così, la relazione cresce e diventa ricca, man mano ci viene naturale dare, gli emisferi destro e sinistro sono in perfetta sincronia e la relazione evolve verso un “IO che diventa TU” che si concretizza nella voglia di scambiare idee, creare progetti e lavorare insieme, fino a condividere i clienti e cercarne congiuntamente di nuovi. I risultati sono una naturale conseguenza, con un effetto collaterale: l’assenza di stress e la gioia dell’armonia (non equilibrio!) nel lavoro e nella sfera privata, per una vita davvero spettacolare.
Come si fa? Ecco pochi passi, semplici:
* Quando vai a un evento, evita di venderti. Parla poco di te e solo su richiesta, e invece dedicati alle persone che incontri, e fai che l’incontro con te lasci un segno. Falle sentire speciali, esplora con curiosità.
* Dopo l’evento, pensa alle persone con cui hai parlato e nota: come le hai scelte? Cosa hai scoperto di loro? Quali sono le loro passioni? Qual è il loro piatto preferito? Cosa fanno nel tempo libero? Amano gli animali, la meditazione, il tango o il volo o…?
* Il giorno dopo l’evento, contatta queste persone e ringraziale semplicemente per la bella occasione di conoscervi, chissà, le vostre strade potrebbero anche incrociarsi di nuovo.
* Una settimana dopo, scegli le persone con cui vuoi coltivare una relazione più profonda e ricontattale per chiedere loro un incontro: vuoi capire meglio di cosa si occupano e come poterle aiutare, valutare possibili sinergie…
* A quel punto, se son rose…
Tornando alla similitudine del cocktail, mescolando gli ingredienti con passione, il contatto evolve e diventa connessione, cioè una relazione profonda e duratura, sul lavoro e nella sfera privata, all’insegna del Givers Gain. In fondo, è questa la chiave del benessere, in ogni ambito della nostra vita. Se pensi alla relazione con il tuo partner, c’è una bella differenza tra una mano che ti accarezza mentre pensa a sé e una mano che ti accarezza esplorando i centimetri della tua pelle alla scoperta di te, ti pare?